Oggi si celebra la star del food a livello globale: l’hamburger. Un piatto che ha spopolato in America dall’inizio del ‘900 e che ha fatto letteralmente miliardi di persone in tutto il mondo.
L’origine della parola hamburger viene dalla città di Amburgo in Germania. La leggenda narra che i marinai tedeschi al ritorno dal commercio nelle provincie baltiche portarono indietro l’idea della carne di manzo cruda macinata, ma fu solo quando qualche anonimo cuoco tedesco (santo!) decise di cucinarla che avvenne la magia! Il resto è storia…
Nonostante il nome e forse l’origine di questa prelibatezza possano ricondurci alla Germania, quando si parla di hamburger la connessione con gli Stati Uniti è praticamente automatica. Il Paese a stelle e strisce è sinonimo di hamburger, dove infatti questa pietanza è uno dei capisaldi della cultura nazionale.
Apparso in America agli inizi del ventesimo secolo, il “patty” di manzo racchiuso fra due fette di pane si è velocemente fatto largo all’interno delle cucine statunitensi, già all’inizio degli anni ’30 non c’è diner che non abbia l’hamburger sul proprio menu.
La facilità e la velocità di preparazione oltre al gusto unico che si crea assemblando panino, patty, cheddar, insalata e cetriolini, (una combo spaziale) fa si che attorno all’hamburger si sviluppano i primi concetti di Fast Food.
È White Castle, in Kansas, ad aprire le danze negli anni ’20 intuendo quello che sarebbe diventato poi un trend ad oggi intramontabile, il Fast Food. Menu limitato, prezzi contenuti, servizio al tavolo ridotto al minimo, facilità di asporto. Gli americani erano esitanti all’inizio sul mangiare carne macinata a poco prezzo (bastavano 5 centesimi per un hamburger), ma l’idea di arredare i primi ristoranti con acciaio inossidabile e di vestire i dipendenti con uniformi impeccabili per dare un senso di pulizia si rivelò vincente. Ad oggi lo “slider” (il termine che usa White Castle per identificare i propri burger) dalla forma quadrata è considerato un cult.
White Castle fu il primo a mettere i patty di carne macinata al centro della propria offerta, ma quando sentiamo la parola hamburger c’è solo un nome che ci salta subito in testa (e chi dice il contrario mente), quello di Mc Donald’s.
I fratelli Dick e Mac McDonald aprono il primo ristorante a San Bernardino in California nel 1940 ma è solo nel 1955 in seguito all’incontro con Ray Kroc (all’epoca un rappresentate di frullatori che rimane stupito dall’operatività del locale) che il mondo del Fast Food è destinato a cambiare per sempre.
La visione di Crock è vincente, gli hamburger e cheeseburger di McDonald’s spopolano, i franchising spuntano come funghi. Nel 1963 McDonald’s vende il suo “miliardesimo” burger e nel 1968 apre il suo millesimo punto vendita. Ad oggi McDonald ha all’attivo più di 38 mila punti vendita sparsi in tutto il mondo con più di un milione e mezzo di impiegati ed è la più grande catena di ristoranti al mondo per reddito.
Uno dei punti su cui è strutturata la filosofia McDonald’s è la standardizzazione del prodotto. In qualunque punto vendita, in qualunque parte del mondo si trovi, il cliente sa esattamente cosa lo aspetterà. La sua abilità sta anche nel sapersi adattare alla domanda nei Paesi in cui decide di investire, variando i menu in base alle abitudini alimentari dei paesi in cui si va a collocare.
Se McDonald’s per anni è stato l’hamburger più bramato, oggi, forse anche complici pubblicità negative, il trend degli amanti dei Fast Food sta cambiando. Gli amanti dell’hamburger e patatine fritte sono oggi in cerca di alternative più sostenibili e ambienti più raffinati che mettano la freschezza del prodotto al centro della propria strategia di mercato.
È qui che si inserisce Shake Shack, l’intuizione geniale di Danny Meyer, navigato ristoratore Newyorkese. Iniziato come “carretto” per la vendita di hot dog al Madison Square Park di New York nel 2001, apre il primo punto vendita all’interno dello stesso parco nel 2004. All’inizio non è concepito come un format riutilizzabile ma la incessante fila davanti al negozio ha fatto cambiare idea al nostro Danny. Shake Shack oggi è la catena di QSR di più rapida espansione a livello globale. Il modello d’ispirazione di Shake Shack è chiaramente quello del Fast Food anche se offrendo un menu più ricercato e utilizzando solo carne di manzo Angus completamente al naturale (senza ormoni né antibiotici) il tutto in un ambiente pulito e curato (quasi elegante) si colloca nella categoria del “Fast Casual”.
Anche in Italia il trend sta cambiando. Se McDonald’s è sempre il gigante da battere, si stanno facendo spazio nuove realtà, una su tutte Burgez. Azienda tutta milanese ma di stampo statunitense che si avvicina molto a modelli tipo “In’n’Out” e “Five Guys” che oggi si può trovare in ben 4 città italiane: Milano (8 sedi), Roma (2 sedi), Torino e Monza. Panino molto semplice con patty all’americana e pane soffice che si amalgama perfettamente con tutti gli elementi che lo farciscono, comprese le salse signature. La grande arma di Burgez, oltre ovviamente alla squisitezza dei suoi burger, sta nella sua comunicazione, irriverente e sbruffona che ha velocemente creato curiosità e conquistato il mondo del web.
Un’espansione niente male per una ricetta partita dai porti di Amburgo e che in un solo secolo ha scosso il mercato mondiale del Food.
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